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Barbato (Confartigianato – Mandamento Noventa): “Lo sviluppo parte dai territori, ma la crescita ha bisogno di una Pubblica Amministrazione che funzioni. Le fusioni tra Comuni possono fare la differenza”

“Siamo in un momento di transizione con la consapevolezza che molte cose non sono e non saranno mai più come prima e tutto questo fa i conti con un ambiente istituzionale culturale, sociale spesso non al passo con i tempi”.
Il presidente del Mandamento di Noventa Vicentina, Riccardo Barbato entra subito nel vivo per spiegare la posizione di Confartigianato su tema fusione dei comuni. “Questo è il tempo dove i sistemi si stanno destrutturando per assumere nuove forme, nuove geometrie, creando “territori” più adatti all’ambiente, al paesaggio, ma anche alle imprese, e lavoratori, che in essi operano e che stanno vivendo analoghi cambiamenti di prospettiva – prosegue Barbato-. Confartigianato è consapevole che una Pubblica Amministrazione che funziona è un motore per lo sviluppo mentre una Pubblica Amministrazione che non funziona è un freno alla crescita. Quindi il concetto “mai più come prima” vale anche per la PA e non solo per le imprese”.
In questo contesto si collocano i percorsi di aggregazione tra territori.
“Dopo anni di stasi, nell’Area Berica stiamo assistendo, spinti anche dalla normativa, ad alcuni cambiamenti: da un lato fusioni realizzate (Val Liona, Barbarano-Mossano); dall’altro ipotesi di fusione (Longare, Castegnero e Nanto?); ma anche frenate, come ad esempio l’uscita di Orgiano e Sossano dall’Unione dei 4 Comuni del Basso Vicentino – ricorda Barbato-. Confartigianato Vicenza è favorevole alle fusioni per questo è al fianco degli Amministratori locali che intendono passare da strutture gerarchico-funzionale a una situazione di rete e di condivisione”.
I motivi di questo sostegno le fusioni sono presto detti. In primo luogo per ridurre i costi della “macchina amministrativa” (attraverso economie di scala); poi per spendere meglio e funzionare di più (sviluppando competenze capaci di fronteggiare i continui cambiamenti nella gestione e nell’erogazione dei servizi; razionalizzando le risorse umane e tecnologiche valorizzandole e specializzandole); infine per poter investire di più (nei settori strategici che hanno più impatto sulla competitività del sistema territoriale magari usufruendo dei fondi europei). Non solo, un Comune più numeroso può contare di più nelle sedi istituzionali e avere maggior forza contrattuale; può affrontare i problemi e le sfide in partenariato con il sistema territoriale (IPA); ed essere protagonista reale nelle politiche di programmazione.
“Non dimentichiamo che il legislatore ha avviato un processo di incentivazione verso le forme di semplificazione amministrativa, prevedendo una quantità considerevole di vantaggi – aggiunge Barbato-. La ragione non risiede soltanto nel tentativo di riallinearsi allo scenario europeo degli enti locali, ma anche e soprattutto nella nuova concezione dei comuni, non più semplicisticamente intesi come enti caratterizzati dai elementi costitutivi “classici” del territorio e della popolazione: a ben vedere, infatti, questi devono essere posti nelle condizioni per raggiungere un elevato livello di welfare”.
“In ultima analisi – conclude il presidente – visto che sono i cittadini a dover esprimere il loro parere tramite un Referendum, credo sia utile che conoscano i vantaggi e gli svantaggi della fusione”.
Tra gli incentivi previsti dal legislatore per i comuni nati da fusione, ad esempio, figurano i contributi straordinari statali erogati per dieci anni successivi alla costituzione del comune nato da fusione (la Legge di Stabilità per il 2017 ha previsto che tali contributi ammontano al 40% dei trasferimenti erariali attribuiti per l’anno 2010) e l’allentamento del Patto di stabilità.
E se preoccupa la perdita dell’identità comunitaria, a salvaguardi delle specificità locali è ammessa la possibilità, nello statuto dei comuni nati a seguito di fusione, l’istituzione di Municipi nei territori delle comunità di origine, in rappresentanza delle stesse. Si tratta di una soluzione atta a consentire adeguate forme di partecipazione e di decentramento dei servizi alle comunità del comune cessato. D’altronde il legislatore ha previsto altresì la possibilità, per i comuni risultanti da fusione che istituiscano Municipi, di mantenere tributi e tariffe differenziati per ciascuno dei territori degli enti preesistenti alla fusione.
“E se tutto questo non dovesse bastare – conclude Barbato- i contributi regionali non figurano più come “eventuali” ma diventano obbligatori. Proprio il Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali ha previsto che, al fine di favorire il processo di riorganizzazione sovra comunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture, compito delle Regioni è quello di disciplinare forme di incentivazione con l’eventuale previsione nel bilancio di un apposito fondo”.