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Venzo (Confartigianato Vicenza) sui dati Istat mercato del lavoro di maggio: “Male la frenata degli occupati. Preoccupante il dato che riguarda i giovani”

Sandro Venzo

Se i dati sull’andamento del mercato del lavoro di aprile avevano indotto molti a sostenere che la crisi fosse ormai alle spalle, ci ha pensato l’Istat con i dati di maggio a riportare tutti con i piedi per terra: il mercato del lavoro è fermo, anzi, calano gli occupati rispetto ad aprile (-51 mila unità) sale all’ 11,3% il tasso di disoccupazione.

“Il dato più preoccupante – dichiara Sandro Venzo, componente della Giunta Confartigianato Vicenza con deleghe alle politiche del lavoro, formazione e scuola- è l’aumento del tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni, che cresce di 1,8 punti percentuali rispetto al mese precedente, attestandosi al 37%. A ciò fa da contraltare l’aumento degli occupati ultracinquantenni (addirittura + 407 mila unità rispetto a maggio 2016) spinti a rimanere al lavoro dalle ultime riforme pensionistiche, che spostano sempre più avanti l’età della pensione. Su questo punto i nostri governanti dovrebbero interrogarsi: che tipo di società si vuole per il futuro? Dovremmo forse abituarci a a lavoratori di 70 anni, o peggio ancora di 85 anni, come stanno immaginando i giapponesi, a scapito dei giovani?”
Entrando nel dettaglio delle varie tipologie contrattuali, nel complesso calano sia i dipendenti (- 13 mila unità) che gli indipendenti (- 38 mila unità); ancora una volta la diminuzione riguarda il lavoro a tempo indeterminato, che perde 23 mila unità, a fronte di un leggero aumento (10 mila unità) dei contratti a termine.
“Siamo alle solite – prosegue Sandro Venzo-. Come abbiamo sostenuto in più occasioni, per far crescere l’occupazione stabile le aziende hanno bisogno di un segnale forte sul versante del costo del lavoro, che deve abbassarsi in modo stabile e significativo. Molti sostengono che l’abbassamento del costo del lavoro, specie quello dei contributi previdenziali, non sia sostenibile per il nostro sistema pensionistico: peccato che i dati sulla spesa pensionistica, come ha evidenziato il presidente dell’INPS, Tito Boeri, dicono che delle 440 prestazioni erogate dall’Istituto, solo 150 sono di natura pensionistica, le restanti sono di natura assistenziale, completamente finanziate dalla fiscalità generale”.
Un recente studio sulla regionalizzazione del bilancio INPS, poi, ha messo in evidenza dati interessanti e nello stesso tempo preoccupanti per la tenuta del sistema. Si scopre così che ogni pensionato riceve in media 1,427 prestazioni (sommando quelle previdenziali e quelle assistenziali) per un importo complessivo medio pari a € 17.323, quindi ben al di sopra dei mille euro al mese. Sul totale delle prestazioni liquidate, la spesa assistenziale (pensioni di invalidità civile, indennità di accompagnamento, pensioni e assegni sociali ecc…) sta aumentando in modo consistente, arrivando a coprire circa il 51% della spesa pensionistica totale.
“Purtroppo tale spesa – prosegue Venzo- non viene finanziata dai contributi versati dalle imprese e dai lavoratori, bensì dalla fiscalità generale, rendendo quindi il sistema sempre meno sostenibile. A fronte di ciò il Governo, anziché elaborare proposte per cercare di riequilibrare il sistema, prevedendo anche una riduzione dei costi, ha perso mesi a discutere sui voucher per paura del referendum, spendendo tempo e risorse, per arrivare alla fine ad elaborare un testo legislativo sul lavoro occasionale insoddisfacente per le imprese, che non dà risposte alle esigenze di flessibilità a costi ridotti”.
Nelle intenzioni del Governo, i tempi sono maturi per elaborare delle proposte di riduzione del cosiddetto “cuneo fiscale” con riferimento alle assunzioni dei giovani under 35.
“Premesso che qualsiasi provvedimento che abbassa i costi per le imprese è sempre ben accetto, specie se riguarda i giovani – conclude Venzo-  come imprenditori ribadiamo con forza la richiesta di un abbassamento generalizzato del costo del lavoro, sia per le imprese che per i lavoratori. Bisogna liberare nuove risorse che consentano alle aziende di fare più investimenti, anche in termini risorse umane, dando nel contempo la possibilità ai lavoratori di usufruire di un reddito maggiore da spendere sul mercato”.