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1 TRIMESTRE 2015 – MOVIMPRESE ARTIGIANATO. VENETO SCENDE SOTTO QUOTA 133MILA IMPRESE (132.806)

Luigi Curto: “Meno cessazioni più iscrizioni rispetto allo scorso anno, un timido segnale dal Nord Est”

  • Nel I° trimestre 2015 nell’artigianato Veneto si è verificata una flessione dello -0,80% pari a -1.077 imprese (13° posizione nel rank nazionale in termini percentuali);
  • Il dato regionale veneto (-0,80%) è migliore di quello nazionale (-1,05%)
  • Sembra aver tenuto il NE (Veneto Friuli e Trentino le migliori regioni)
I dati di Unioncamere sulla nati-mortalità delle imprese artigiane nel I trimestre 2015 vedono il Veneto perdere un ulteriore pezzo del suo straordinario patrimonio di imprese artigiane. E’ stata infranta infatti, anche la barriera delle 133mila imprese iscritte nelle sette camere di commercio (a marzo sono esattamente 132.806), risultato raggiunto dopo un ulteriore saldo negativo nel 1° trimestre dello -0,80% che vale -1.077 aziende in meno (dato dalla differenza tra 2.816 iscrizioni e ben 3.893 cessazioni).
“Un primo semestre ancora drammatico in tutta Italia (14mila574 gli artigiani che mancano all’appello, oltre i due terzi della riduzione totale di imprese) che vede però le tre regioni del Nord Est soffrire un po’ meno” -commenta a caldo Luigi Curto, Presidente regionale di Confartigianato che spiega: “dopo diversi trimestri in cui la nostra area registrava saldi peggiori della media, questa volta Veneto (-0,80%), Friuli (-0,68%) e soprattutto il Trentino (-0,61), quest’ultima la regione che ha registrato la seconda migliore performance nazionale dopo il Molise, sono tutte ben al di sotto del calo nazionale (-1,05%). Inoltre rispetto allo stesso periodo del 2014, nella nostra regione, sono leggermente calate le chiusure e aumentate le nuove iscrizioni. Piccolissimi segnali positivi che non smorzano il dato generale di fortissima criticità”.
“Le quasi 4mila cessazioni in soli tre mesi, 450 al giorno, quasi 2 all’ora, -prosegue Curto- sono il segnale tangibile che il protrarsi della recessione sta riducendo allo stremo le nostre imprese che vivono sulla propria pelle il peso insostenibile dell’eccessiva pressione fiscale, del crollo dei consumi senza precedenti, del difficile e costoso accesso al credito, dell’annosa questione della riscossione dei crediti vantati nei confronti dei loro committenti e dalla PA. Una montagna già difficile da scalare senza il bisogno di vedersi appioppati sulle spalle ulteriori fardelli come tariffe energetiche lunari e penalizzanti per i più piccoli, Sistri, Tasi, Imu, burocrazia ed inefficienze varie”.
“Se la priorità del Governo è davvero il rilancio della manifattura made in Italy -conclude Curto– inserisca al più presto nella riforma fiscale in atto, misure tese a ridurre una pressione fiscale troppo alta ed iniqua a favorire la capitalizzazione delle imprese e a far si che l’obbligo di pagare le imposte sorga solo in relazione a ricavi incassati, a partire dalla approvazione dei decreti che danno attuazione ai principi della legge delega che stanno a cuore alle imprese. In particolare: l’avvio, concreto, di uno dei tanti fondi “taglia tasse” istituiti e finalizzati a redistribuire tra le imprese le maggiori entrate provenienti dalla lotta all’evasione ovvero dalla riduzione della spesa pubblica; l’istituzione dell’Imposta sul reddito delle imprese (IRI) per offrire concreti benefici fiscali a chi lascia nella propria azienda gli utili; la tassazione del reddito delle imprese in contabilità semplificata secondo criteri di cassa; la definizione dei parametri che escludono le piccole imprese ed i professionisti dalla tassazione IRAP; la riforma del contenzioso tributario, la revisione delle sanzioni amministrative e penali-tributarie e la riforma della riscossione coattiva”.
Scendendo nel particolare dei macrosettori che compongono il variegato mondo dell’artigianato Veneto si evidenziano alcune dinamiche interessanti. La prima da sottolineare con forza è la resistenza del manifatturiero (-0,77%). La tenuta della colonna portante del mondo artigiano che conta oggi 35.200 imprese è di buon auspicio. E’ qui infatti che si esprimono a pieno tutte le caratteristiche che fanno delle PMI italiane il possibile asset competitivo su cui puntare per il rilancio dell’intero Paese. Competenze, design, il su misura, il recupero delle tradizioni e del gusto italiano, sono tutte caratteristiche che valgono mercati, export, ricchezza. E quindi occupazione e bilancia commerciale. In sofferenza resta invece il comparto edile che ha perso ancora oltre 700 imprese (-1,35%). Cala il comparto dei Trasporti, anche se meno del passato (-0,59%), come si riducono, di poco in effetti, i servizi alla persona (-0,61%).
Vale la pena sottolineare come i servizi alle imprese sono tra i pochi settori in campo positivo. + 0,44%.
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