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Ecobonus e “sconto”: le piccole imprese non sono un bancomat

“In merito all’art. 10 del DL Crescita e l’introduzione dello “sconto” in fattura, c’è un rischio “concorrenza sleale” grande come una casa e, a certificarlo, arriva anche il pronunciamento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato”. “Ed anche l’introdotta possibilità di un’ulteriore cessione dei crediti di imposta a propri fornitori di beni e servizi -risultato minimo ottenuto grazie alla nostra azione di lobby verso il Parlamento in fase di approvazione del DL- non intacca la complessità delle procedure, mentre lascia  inalterati i rischi per le piccole imprese di restare alla mercé dei grandi fornitori, gli unici nelle condizioni di prendere in carico queste opere per poi assegnarle in una sorta di sub-appalto”. Ad affermarlo Agostino Bonomo, Presidente di Confartigianato Imprese Veneto dopo una attenta lettura delle pagine 19, 20 e 21 del Bollettino Settimanale (Anno XXIX – n. 26) del 1 luglio scorso.
Le piccole imprese e gli artigiani non possono fare da bancomat ed anticipare al cliente il credito d’imposta, sotto forma di sconto in fattura con la possibilità di recuperarlo in cinque anni, dei lavori relativi all’Ecobonus o al Sismabonus e, il pronunciamento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, indirizzato ai Presidenti di Camera dei Deputati, Senato della Repubblica e Consiglio dei Ministri, rileva appunto che la norma in esame, nella sua attuale formulazione, appare suscettibile di creare restrizioni della concorrenza nell’offerta di servizi di riqualificazione energetica a danno delle piccole e medie imprese, favorendo i soli operatori economici di più grandi dimensioni.
Viene evidenziato che il nuovo sistema si pone, in ragione delle modalità prescelte per il trasferimento dei crediti fiscali dai soggetti aventi diritto ai fornitori, quale meccanismo fruibile, nei fatti, solo dalle imprese di grande dimensione, che risultano le uniche in grado di praticare gli sconti corrispondenti alle detrazioni fiscali senza confronti concorrenziali, potendo compensare i correlativi crediti d’imposta in ragione del consistente volume di debiti fiscali, godendo anche di un minor costo finanziario connesso al dimezzamento da dieci a cinque anni del periodo di compensazione del credito d’imposta.
La disposizione normativa segnalata appare quindi introdurre una discriminazione fra operatori concorrenti – in termini di impossibilità, per alcuni di essi, di utilizzare nelle proprie offerte di mercato tutti i diversi meccanismi di incentivazione normativamente previsti per la domanda di lavori di efficientamento energetico – avvantaggiando gli operatori di maggiori dimensioni e capacità finanziaria e rischiando, conseguentemente, di distorcere le dinamiche del relativo mercato con l’effetto di restringere le possibilità di offerta per i consumatori finali.
“Non ci diamo per vinti -conclude Bonomo-. Le leggi, se sbagliate come in questo caso, si possono cambiare. Nel frattempo la nostra attenzione si sposta verso l’Agenzia delle Entrate, chiamata ad emanare entro un mese dalla approvazione della norma, una circolare esplicativa proprio in materia di possibile ulteriore cessione dei crediti di imposta da parte della impresa esecutrice dei lavori a propri fornitori di beni e servizi. Resta valida anche la nostra proposta di poter cedere il credito d’imposta sulla spesa effettuata direttamente alle banche per evitare che alle piccole imprese non sia possibile acquisire il credito per carenza di risorse finanziarie o di capienza fiscale tale da consentire la procedura di compensazione”.