Skip to main content







Zen (Confartigianato Vicenza): “Mercati up e down anche per l’export orafo”

Un'immagine della fiera orafa e, a destra, Onorio Zen

In quale clima e con quali aspettative gli artigiani e le piccole imprese del comparto orafo vicentino hanno partecipato alla fiera “VicenzaOro January”? Li riassume Onorio Zen, presidente della Categoria Metalli Preziosi di Confartigianato Vicenza.

VicenzaOro January 2017: la prima di Italian Exhibition Group

“Lo scenario internazionale – osserva – è decisamente complesso, instabile sia dal punto di vista geopolitico che economico. Tale clima di incertezza ha portato a un aumento nelle richieste di oro per investimento e a un calo della domanda per la gioielleria-oreficeria. Ancora, mercati di sbocco storici dell’oreficeria vicentina come gli Emirati risentono delle forti tensioni dell’area Medio Orientale, mentre Hong Kong avverte le conseguenze della contrazione del Pil della Cina”.
I dati elaborati dall’Ufficio Studi di Confartigianato Vicenza sull’export del settore orafo vicentino nei primi nove mesi del 2016 mostrano che la vendita all’estero di prodotti orafi ha avuto un valore pari a 973,9 milioni di euro, oltre un quinto (21,4%) dell’export nazionale del settore. Vicenza – con le sue 782 imprese orafe, di cui 437 artigiane (55,9%) – ha confermato quindi il suo terzo posto tra le maggiori province esportatrici orafe italiane. Inoltre, dal confronto con gli altri 27 Paesi UE e il resto d’Italia, la provincia berica si classifica al sesto posto per prodotti orafi venduti all’estero, esportando il triplo della Spagna e metà dell’intera Germania. Tutto questo nonostante il fatto che il comparto orafo di Vicenza nei primi nove mesi del 2016 abbia registrato una contrazione del 10% delle vendite all’estero. Un trend al ribasso che ha riguardato anche le altre principali province esportatrici del settore, vale a dire Alessandria (-11,8%) e Arezzo (-2,5%) che, insieme a Vicenza, rappresentano il 75,8% dell’export orafo italiano. A pesare particolarmente sul calo sono stati i mercati di Svizzera ( -64,5%) Hong Kong (-20%) ed Emirati Arabi Uniti (-17,4%); bene, invece, le esportazioni orafe vicentine in Israele (+47,6%), Giordania (+21,8%), Malaysia (+16,9%), Australia (+15,7%) e Stati Uniti (+12,2%).
“Una motivazione ‘tecnica’ del calo dell’export in Svizzera – osserva Onorio Zen – può essere data dall’esaurirsi del fenomeno dei ‘compro oro’, aspetto già evidenziato lo scorso anno. Il calo del valore verso il mercato turco del -30,2%, invece, si lega sicuramente alla situazione della Russia, verso cui transitano i prodotti orafi destinati a quel mercato, tra embargo e svalutazione del rublo”.
Non mancano però elementi positivi: “Con un incremento del 12,2% gli Stati Uniti – sottolinea il presidente degli artigiani orafi – salgono al secondo posto tra le principali destinazioni delle nostre esportazioni di preziosi, e sappiamo quanto quel mercato possa rappresentare una locomotiva per la ripartenza dell’economia. Fra l’altro, agli USA si può legare anche la crescita del nostro export in Giordania, in particolare per il catename, che poi viene riesportato a dazio zero verso l’America”.
A influenzare la domanda estera sono anche i tassi di cambio dei principali partner commerciali del comparto orafo vicentino: tra i primi 15 mercati di destinazione dei prodotti, 13 sono Paesi con una propria valuta, diversa dall’euro, e rappresentano il 78,8% dell’export orafo della provincia di Vicenza.
A settembre 2016 i dati hanno mostrato in generale una rivalutazione dell’euro rispetto all’anno prima: in media, la quotazione dell’euro nel paniere dei 13 Paesi maggiori clienti del settore orafo vicentino è aumentata del 2,9%, con variazioni positive del tasso di cambio registrate in 12 mercati su 13.
“La situazione in generale – conclude Zen – resta dunque complessa. La tenuta delle piccole imprese non è facile, non avendo esse la possibilità di affermarsi con un proprio brand. Però anche l’unbranded, se di grande qualità e stile, ha spazio in nicchie di mercato dove si ricercano il prodotto veramente italiano e la manifattura artigianale tipica del nostro territorio. E poi ci sono piccole imprese che comunque hanno chiuso il 2016 con un significativo incremento di fatturato: design, prodotto di qualità, dinamismo, marketing, sono sicuramente fattori determinanti. Se poi la produzione è tracciata lungo la filiera a garanzia del Made in Italy, questi elementi diventano valori strategici, considerati e riconosciuti da tutti i mercati. Non solo: come più volte dimostrato, c’è anche la capacità delle nostre aziende di cercarsi nuovi mercati in un contesto sempre più globale e dinamico”.

LEGGI LA RICERCA COMPLETA